Quando pratichiamo il nostro sport preferito la musica è in grado di regalarci ottime sensazioni, spesso aumenta la concentrazione, altre volte ci rilassa oppure ci motiva, può farci sentire vivi, quasi invincibili; eppure in molti sport è bandita, a partire dalle maratone fino ad altre discipline di endurance, pena l’esclusione.
Ma quali sono i reali effetti della musica sulla performance atletica descritti in letteratura scientifica?
I primi studi sul tema risalgono alla fine degli anni ’90, continuarono negli anni 2000 e l’interesse aumentò fino ai giorni nostri.
Già nel 1997 Karageorghis & Terry sottolineavano come in alcuni momenti della competizione la musica ha la capacità di suscitare un piccolo ma significativo effetto sulla performance, oltre ad essere di compagnia durante l’allenamento.
La ricerca scientifica ha individuato 5 punti chiave in cui la musica può influenzare la performance (sia in preparazione che in competizione): dissociazione, sincronizzazione, controllo dell’eccitazione, acquisizione di abilità motoria e raggiungimento della trance agonistica.
1. Dissociazione
Durante gli esercizi “submassimali” la musica può limitare l’attenzione e a sua volta distogliere la mente dalle sensazioni di fatica.
Questa tecnica diversiva, che in psicopatologia e psichiatria è detta dissociazione, abbassa la percezione degli sforzi.
Più precisamente un’effettiva dissociazione, che si ha allontanando totalmente i pensieri dalle sensazioni di fatica, può promuovere uno stato d’animo positivo incrementando le sensazioni di vigore e felicità ed attenuando quelle negative di tensione, depressione e paura. (Bishop, Karageorghis. & Laizu 2007).
Ciò è valido solo per gli sforzi di media e bassa intensità; ad alte intensità (o in allenamenti anaerobici) la percezione della fatica con i suoi meccanismi fisiologici (ad esempio l’alta frequenza respiratoria e l’accumulo di lattato nel sangue) supera l’impatto della musica. (T.Atan 2013)
In particolare alcuni studi mostrano che gli effetti della dissociazione risultano diminuire del 10% lo sforzo percepito in una normale corsa a intensità media (Karageorghis & Terry, 1999; Nethery, 2002; Szmedra & Bacharach, 1998).
Nei lavori ad alta intensità anche se la musica non riduce la percezione dello sforzo può migliorarla assimilando l’allenamento a qualcosa di più divertente, accettando la sensazione della fatica diversamente.
Ad esempio in una corsa ad alta intensità la musica non faciliterà il lavoro in termini di segnali che i muscoli e gli organi mandano al cervello, ma ci farà sembrare il tutto meno faticoso.
Il limite in un allenamento duro è quindi che la musica non può influenzare ciò che l’atleta sente, ma come si sente. (T.Atan 2013)
2. Controllo dell’eccitazione
La musica altera l’eccitazione psicologica ed emotiva e perciò può essere utilizzata prima dell’allenamento o della competizione come stimolante o come calmante (ad esempio per stati d’ansia) per l’atleta (Bishop et al. 2007) spingono il raggiungimento dello stato mentale ottimale.
La maggior parte degli atleti usano il suono per motivarsi e stimolarsi, per prepararsi mentalmente allo sforzo; per alcuni invece è un modo per calmare gli stati d’ansia, come la campionessa olimpica Kelly Holmes che utilizzò le ballate soul di Alicia Keys alle olimpiadi di Atene del 2004, o il pugile Audley Harrison che era solito ascoltare musica classica giapponese prima di ogni incontro.
In particolare è il ritmo ad influenzare i processi psicologici (sembra che un ritmo più veloce sia associato a più alti livelli di eccitazione rispetto ad uno più lento) ed il testo assieme ad altre associazioni extra musicali ad interessare le emozioni. (Karageorghis e Lee 2001)
3. Sincronizzazione
Si è giunti a dimostrare come la sincronizzazione della musica nei suoi elementi ritmici (battiti e tempo) con movimenti ripetitivi nel tempo, quindi sport come corsa, ciclismo, canottaggio o lo sci di fondo, sia associata ad un miglioramento nel rendimento dell’attività.
Il ritmo musicale può regolare il movimento e quindi prolungare la performance; la sincronizzazione dei movimenti con la musica permette all’atleta di svolgere la sua a attività in modo più efficiente, ancora una volta con un conseguente miglioramento della resistenza.
In uno studio del 2008 si confrontarono individui che andavano in bici a tempo (in sincronia) con della musica con altri che facendo lo stesso lavoro avevano solamente della musica e/o dei suoni di sottofondo (asincronia), questi ultimi necessitavano del 7% in più di ossigeno. (Bacon, Myers, & Karageorghis, 2008).
La musica fornisce infatti dei “riferimenti” temporali che possono rendere la spesa energetica dell’atleta più efficace.
È celebre il caso del maratoneta etiope Halle Gebrselassie che segnò il record del mondo correndo a tempo con la canzone pop “Scatman”, selezionata perché il ritmo della musica sincronizzava perfettamente con quello che era il ritmo dei suoi passi.
4. Acquisizione di abilità motorie
La musica può avere un impatto molto positivo sull’acquisizione della abilità motorie. In particolare nei bambini (o comunque nei più giovani) la musica accompagnata al gioco o alla danza offre l’opportunità di esplorare nuovi modi di muoversi e di migliorare la coordinazione.
Nonostante non si trovino dati nella letteratura più recente, alcune “vecchie” ricerche (Chen, 1985; Spilthoom, 1986) hanno mostrato che la controllata applicazione di musica selezionata può avere degli effetti positivi sui movimenti “stilistici” dello sport.
Alcune giustificazioni di come la musica aumenti la possibilità di acquisire nuove e superiori abilità motorie possiamo proporle di seguito:
– La prima è che la musica è in grado di riprodurre schemi del ritmo corporeo e molti altri aspetti del movimento umano, può quindi trasportare il corpo attraverso effettivi modelli di movimento, ovvero sembra che il corpo interpreti con una certa analogia i suoni.
– Una seconda spiegazione fa riferimento ai testi delle canzoni che possono rinforzare aspetti essenziali di una tecnica sportiva ad esempio richiamando un certo movimento.
– La terza spiegazione è che la musica rende l’insegnamento più divertente aumentando la motivazione dell’individuo a raggiungere alti livelli in abilità chiave.
5. Raggiungimento della trance agonistica
Gli studi riguardanti gli effetti della musica sullo stato motivazionale portano a pensare che la musica possa aiutare a raggiungere lo stato di trance agonistica (flusso in psicologia, in inglese “flow” o “zone”).
La ricerca ha infatti dimostrato che la musica può coadiuvare lo stato di trance. In particolare Pates, Karageorghis, Fryer e Maynard (2003) in uno studio sugli effetti della musica “pre-task” (prima dell’attività) su delle giocatrici di netball rilevarono miglioramenti sia sulla percezione del “flow” che sulle prestazioni delle atlete.
I ricercatori conclusero che la musica (scelta dalle atlete) innescava emozioni e processi cognitivi collegati al raggiungimento della trance agonistica.
Un altro studio (Karageorghis e Deeth, 2002) ha esaminato gli effetti della “musica motivazionale” durante l’allenamento analizzando gli stadi della trance agonistica tramite i fattori indicati dalla “Flow State Scale”.
Quale Musica Ascoltare?
Compresi i benefici che la musica apporta alla performance rimane una domanda.
Come scegliere la corretta playlist per trarre i maggiori vantaggi nella nostra attività?
Uno sportivo che sta cercando della musica per accompagnare i propri allenamenti o la gara deve tener conto del contesto nel quale egli “opera” (Karageorghis, Priest, Terry, Chatzisarantis, & Lane, 2006) oppure che tipo di attività andrà a svolgere, obiettivi della sessione, come la nostra attività può influenzare gli altri atleti e chi ci sta attorno, con quali apparecchi è possibile ascoltare la musica.
Vi sono attività che si prestano molto bene all’ascolto della musica, ad esempio le attività più “ripetitive” come lo stretching, il riscaldamento, gli allenamenti con i pesi, i circuiti e gli altri simili.
Per valutare l’effettiva qualità motivazionale di una specifica musica si può utilizzare il “Brunel Music Rating Inventori” o il suo derivato BMRI-2.
Ad esempio un atleta che voglia durante il suo riscaldamento portare la frequenza cardiaca a valori attorno ai 120 bpm dovrebbe scegliere della musica con un tempo compreso tra gli 80 e i 130 bpm, le tracce si devono succedere in un graduale aumento del tempo musicale accompagnando il progressivo aumento della frequenza cardiaca.
Negli allenamenti ben strutturati (ad esempio circuiti, o con intervalli precisi) è possibile inoltre configurare apposite playlist sulle varie componenti dell’allenamento. In tal modo potremo scegliere il brano per la fase ON dell’esercizio e quello per il recupero che potrà sessere magari più lento e a più basso volume.
Uno studio calcola un miglioramento del 20% sulla prestazione in atleti che hanno seguito questo tipo di approccio per una settimana. Un altro studio (Priest & Karageorghis, 2008) ha rilevato con una certa frequenza la tendenza di molti atleti a coordinare con i momenti di massimo sforzo alcuni specifici “segmenti” musicali (la tecnica è chiamata segmentazione) di una traccia che essi trovano particolarmente motivanti.
La tecnica funziona ancora meglio se si conosce molto bene la musica riuscendo ad anticipare il “flow” dettato dalla traccia. Risulta efficiente anche regolare il tempo in base all’intensità dello sforzo svolto (Karageorghis, Jons e Low, 2006; Karageorghis, Jones e Stuart, 2008).
Come Ascoltare La Musica?
Un’altra scelta importante è come ascoltare la musica, o meglio attraverso quale dispositivo. Quando si decide di accompagnare il proprio allenamento o la competizione con della musica bisogna tener conto di alcuni aspetti nella scelta del dispositivo da utilizzare anche per garantire l’incolumità del soggetto praticante.
Non è detto che tutti gradiscano la nostra playlist, in una palestra, ad esempio è opportuno l’utilizzo cuffie o auricolari, oppure, se l’obiettivo della musica è quello di creare gruppo e coinvolgere più persone può essere erogata con altri dispositivi portatili e non.
Per i ciclisti e runners il suono può distrarre l’attenzione dagli imprevisti del mondo esterno, rendendo rischioso l’allenamento è quindi una scelta di buonsenso tenere il volume leggermente alto ma senza esagerare per garantire l’ascolto di un’auto, clacson ecc. In particolare è consigliato mantenere un’intensità al di sotto dei 75 dB anche per evitare danni rilevanti all’udito. (Alessio & Hutchinson 1991).
Detto ciò e a detta dei ricercatori la nostra playlist di accompagnamento deve prevedere un’ampia selezione di tracce gradite e familiari che seguano i seguenti criteri: forza ed energia del ritmo, testi positivi associabili al tipo di movimento, schemi ritmici ben assimilabili agli schemi del ritmo corporeo dell’attività in svolgimento, melodie ed armonie edificanti, associazioni con lo sport, l’esercizio, il trionfo o il superamento di avversità ed infine uno stile ed un linguaggio che vadano incontro ai gusti e al background socio-culturale dell’atleta.
Emerge quindi che in realtà non esiste una compilation ideale di musiche adatte allo sport ma al contrario è tutto molto soggettivo ed ogni atleta deve scegliere la propria playlist da sé secondo i propri gusti e la propria attività.
Conclusioni
In conclusione è stato illustrato come la musica può influenzare in diverse maniere sia l’allenamento che la competizione con effetti quantificabili e significativi, aumentando quantità e qualità dell’esercizio.
Oggi molti atleti si accompagnano nella propria attività con della musica spesso scelta senza alcun criterio se non quello di gradimento (seppur fondamentale).
Ed ora non mi rimane che augurarvi buon ascolto!