L’allenamento intenso obbliga tutto l’organismo ad “adattarsi” a questa nuova condizione di “super lavoro” attraverso lo sviluppo di modificazioni morfologiche e funzionali, che sono definite adattamenti. Per quanto riguarda l’apparato cardiocircolatorio, gli adattamenti più vistosi si osservano negli atleti dediti a discipline sportive aerobiche o di resistenza, le quali richiedono il raggiungimento ed il mantenimento per lunghi periodi di Gittata Cardiaca (quantità di sangue che il cuore pompa nella circolazione in un’unità di tempo) massimale. Tali adattamenti fanno sì che il cuore di questi atleti appaia così diverso da quello di un sedentario che è stato coniato con il termine di “cuore d’atleta”.
La presenza di questi adattamenti consente al cuore d’atleta di fornire prestazioni superiori al normale durante lo sforzo.
La loro entità varia in funzione di:
tipo, intensità e durata delle competizioni e delle sedute di allenamento; caratteristiche fisiologiche di base del soggetto, in gran parte definite geneticamente; età del soggetto ed epoca di inizio dell’attività;
Possiamo distinguere gli Adattamenti in:
Adattamenti Centrali
Tutti gli adattamenti del cuore d’atleta sono finalizzati ad accogliere e pompare fuori dai ventricoli una quantità di sangue nettamente superiore a quella di un soggetto non allenato; il cuore riesce così ad aumentare notevolmente la Gittata cardiaca sotto sforzo soddisfando le maggiori richieste d’O2 da parte dei muscoli. Le modificazioni principali sono:
L’ingrandimento del volume del cuore è il fenomeno più importante ai fini dell’aumento della Gittata Sistolica (quantità di sangue espulsa ad ogni sistole) e della Gittata Cardiaca. Negli atleti che praticano sport aerobici ad altissimo livello il volume cardiaco totale può anche raddoppiarsi. Osservando il cuore di questi atleti ci si può domandare quando esso debba essere considerato “patologico”, dovuto da una cardiopatia. Per definire questi limiti dobbiamo prendere in considerazione la taglia corporea del soggetto (superficie corporea). Per esempio nel mondo animale, le dimensioni del cuore dipendono strettamente dalla grandezza dello stesso e dal tipo di attività fisica che svolge; la quale condiziona naturalmente le richieste energetiche muscolari. Per l’appunto il cuore più grande in assoluto è quello della balena, invece quello più grande in relazione al peso corporeo è quello del cavallo. In relazione a ciò che è stato appena detto, in genere, i cuori più grandi sono anche quelli che battono più lentamente e viceversa; per esempio il cuore di un piccolo roditore chiamato mustiolo supera i 1000 bpm! (per approfondire). Con l’avvento dell’ecografia è stato possibile scoprire l’esistenza di differenti modelli di adattamento del cuore in atleti che praticano sport diversi. Per quanto riguarda il ventricolo sinistro sono stati identificati due modelli di adattamento:
IPERTROFIA ECCENTRICA riguarda gli atleti aerobici, di resistenza, nei quali il ventricolo sinistro aumenta il suo volume interno e lo spessore delle sue pareti, assumendo una forma tondeggiante; IPERTROFIA CONCENTRICA riguarda gli atleti dediti a sport statici, di potenza, nei quali il ventricolo sinistro aumenta lo spessore delle pareti senza aumentare il volume interno, mantenendo la sua forma originale, ovoidale, o assumendo una forma più allungata.
L’ecografia oggi ha un grande potere in mano al cardiologo perché gli consente di distinguere una cardiomegalia fisiologica, dovuta all’allenamento, da quella patologica, dovuta a malattie del cuore legate ad alterazioni del normale funzionamento delle valvole cardiache (valvulopatie) o ad una disfunzione del muscolo cardiaco (miocardiopatie).
L’allenamento aerobico o di resistenza provoca importanti modificazioni a carico del sistema nervoso autonomo del cuore, caratterizzate da una riduzione del tono simpatico (adrenergico, da adrenalina) con prevalenza del tono vagale (dal nervo vago dove scorrono le fibre che raggiungono il cuore) questo fenomeno è così chiamato “ipertono vagale relativo”. La conseguenza più evidente di questa nuova regolazione del sistema nervoso autonomo del cuore è la riduzione della frequenza cardiaca a riposo. In un soggetto sedentario, anche dopo poche settimane d’allenamento, è possibile osservare una riduzione della FC di 8 – 10 bpm.
A grandi livelli di agonismo è possibile raggiungere i 35 – 40 bpm, valori che configurano la classica bradicardia dell’atleta. A questo punto possiamo farci la domanda: “fino a che punto un cuore d’atleta può battere lentamente?” la risposta ormai è semplice grazie all’elettrocardiogramma (ECG) di holter, capace di registrare su nastro magnetico per periodi di 24 – 48 ore; ciò è indispensabile per capire se valori così bassi di FC rientrino nella normalità.
IL CUORE DELL’ATLETA DURANTE LO SFORZO
A riposo la Gittata Cardiaca di un atleta allenato è sovrapponibile a quella di un soggetto sedentario di pari età e superficie corporea, circa 5 L/min in un soggetto adulto di corporatura media. La differenza tra il cuore dell’atleta e quello del sedentario diviene chiara durante lo sforzo. In atleti molto allenati di resistenza, la GC massima può raggiungere eccezionalmente i 35 – 40 L/min, valori in pratica doppi di quelli raggiungibili da un soggetto sedentario.

 

L’allenamento non modifica sostanzialmente la frequenza cardiaca massima (che è determinata dall’età del soggetto). Valori così elevati di gittata cardiaca sono invece possibili grazie all’aumento della gittata sistolica, conseguente alla cardiomegalia. La GS, già superiore in condizioni di riposo (120 – 130 ml per battito contro i 70 – 80 ml del sedentario), può nell’atleta raggiungere durante lo sforzo i 180 – 200 ml e più, in casi eccezionali.
Il cuore allenato aumenta la GS rispetto ai valori di riposo in misura superiore a quella del cuore di un soggetto sedentario; infatti a parità d’intensità dell’esercizio la FC nell’atleta è sempre largamente inferiore a quella del sedentario (bradicardia relativa durante lo sforzo).
Oltre a queste differenze appena descritte, vi sono altre differenze nel comportamento del cuore durante lo sforzo. A mano amano che la FC aumenta nel corso dell’esercizio fisico si riduce parallelamente il tempo a disposizione dei ventricoli per riempirsi (la durata della diastole): il cuore allenato, essendo più “elastico”, ha maggior facilità ad accogliere il sangue nelle sue cavità ventricolari e riesce di conseguenza a riempirsi bene anche quando la FC aumenta molto e la durata della diastole si riduce. Tale meccanismo contribuisce al mantenimento di una GS elevata.
Nell’immagine sottoriportata possiamo avere un’idea di quello che è l’adattamento più evidente nell’allenamento di lunga durata.